lunedì 29 ottobre 2012

Skyfall

Nell'anteprima per la stampa, la proiezione di "Skyfall" è preceduta da un breve filmato celebrativo, che riunisce alcuni tra i momenti più famosi d'un percorso cinematografico giunto, quest'anno, al suo cinquantenario. Scatta l'applauso, nel pur compassato pubblico specializzato, al momento in cui taluni oggetti (le supercar Aston Martin e Lotus, gli orologi subacquei Rolex ed Omega, il celebre Martini, gli avveniristici - per l'epoca - marchingegni di Q) e personaggi (su tutti le più note Bond girl, a iniziare dalla Ursula Andress di "Licenza di uccidere") compaiono: il protagonista, quanto meno sul grande schermo, è tutto ciò. Al termine del film, ci rendiamo conto che, in apertura, abbiamo assistito ad un epicedio commosso e ben dissimulato di quanto l'agente 007 è stato nel corso di questi cinque decenni: il link col passato pare, oggi, esser rimasto soltanto l'immancabile "il mio nome è Bond, James Bond".

Come per certi personaggi di fumetti ormai entrati nel mito (ad esempio, il Tex rivisto da Magnus, opera ultima di un grandissimo disegnatore), 007 è ormai un'icona che ciascuno inquadra sotto una particolare luce, che rilegge a modo proprio. Pur nell'esigenza principale di questo "Skyfall", vale a dire d'esser un  reboot che rilancia il nostro nel futuro, Sam Mendes - regista avvezzo a tutt'altre fatiche firmare, da "American Beauty" a "Revolutionary Road" - ha dato un'impronta assai peculiare al proprio episodio, che resterà certo tra i più riusciti dell'interminabile saga. Il tema della pellicola è lo scorrere del tempo, l'inevitabile invecchiamento, lo scoramento di chi comincia a non trovare più uno scopo per tanto rischioso, frenetico agitarsi: nell'incipit di prammatica Bond, colpito, precipita nell'acqua ed è dato per morto dallo M16.

Egli invece, ferito gravemente, si è poi ripreso e vegeta più o meno piacevolmente lontano dal lavoro e dal proprio paese: solo un fatto di estrema gravità - l'identità di molti suoi colleghi sotto copertura in tutto il mondo viene resa pubblica, costringendo M a cambiare la sede dell'agenzia e a difendersi dagli attacchi politici, e non solo, al lavoro che sta svolgendo - convince il disperso volontario a fare ritorno all'attività (dopo aver dovuto affrontare i test di prammatica, per verificarne l'attitudine psicofisica). Ma delle cose sono, frattanto, cambiate. Il suo capo (una sempre straordinaria Judi Dench) ha sul collo il fiato di Mallory - il nuovo direttore dell'Intelligence and Security Committee - e rischia il posto, mentre si fa avanti Silva, un sinistro nemico di cui nessuno conosce le motivazioni.

Non aggiungeremo altro: il film riserva varie sorprese, pur se gioca le carte migliori su uno script abile a fare ripartire, ogni volta, la tensione. Vi diremo però che, se ovviamente non mancano le tradizionali sequenze d'azione, "Skyfall" diviene col passar dei minuti una riflessione autunnale, immalinconita sul trascolorare delle cose, sull'inevitabilità di scontare i propri errori, sul dolore dal quale neanche il più duro carapace interiore può preservarci. Si sfiorano, addirittura, toni da tragedia shakespeariana, in uno straziato prefinale mai così cupo: dopo, repentinamente, la "nuova linea". Il cast è eccellente, da Daniel Craig - il più convincente erede di Sean Connery, l'unico ad aver azzardato un approccio tutto suo al personaggio - alla Judi Dench di cui s'è detto, da Javier Bardem - straordinario nel suo essere luciferino e suadente al tempo medesimo - a Ralph Fiennes, bravo ad inserirsi subito con autorità nella squadra. Insomma, la serie più longeva della storia del cinema pare, davvero, avviata verso un secondo mezzo secolo di mirabolante vita.
                                                                                                                                     Francesco Troiano


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