mercoledì 12 dicembre 2012

La parte degli angeli

Robbie, un ragazzo di Glasgow non privo di qualità ma che, a volte, s'impiglia in delle situazioni che lo cacciano nei guai, sta per diventare padre. Di problemi, ne ha parecchi: il padre della sua ragazza gli intima brutalmente di uscire dalla vita della figlia; condannato - assieme a tre suoi amici - a 300 ore di lavori socialmente utili per aver picchiato due tizi che non volevano lasciarlo in pace (motivo, una vecchia faida familiare), è sotto tiro dei medesimi, che intendono fargliela pagare a loro modo; infine, malgrado egli abbia tutte le buone intenzioni di cambiare strada, verifica ogni giorno che non
ne esistono le condizioni, in primo luogo perché nessuno si fida tanto da offrirgli un lavoro. Mentre sta scontando la pena conosce Harry, un sorvegliante dall'indole generosa, non ignaro delle traversie che possono capitare nel corso dell'esistenza. Quasi per gioco, quest'ultimo porta i quattro ad una degustazione di whisky di malto di qualità, ove si scopre che Robbie ha un particolare talento: un palato fine, che lo rende assai abile nel riconoscere le varie marche. Da qui - e dalla ghiotta notizia dell'imminente messa in vendita, ad un prezzo stratosferico, d'una botte di un whisky d'introvabile livello - parte un piano dei quattro che pare pazzesco: spillare qualche bottiglia con l'inganno, per venderla a un ricco appassionato e ricavare, così, i quattrini per procacciarsi una seconda chance...

Due sono, com'è noto, le corna dell'arte di Ken Loach: da un lato i film d'impegno politico e sociale diretto, con connotazioni fortemente drammatiche (diciamo, per fare degli esempi, "Terra e libertà" e "Ladybird Ladybird"); dall'altro, pellicole che - pur confermando la vocazione sua per un cinema calato decisamente nel reale, con spiccata simpatia per le classi meno privilegiate - contengono degli elementi umoristici e posseggono caratteristiche di commedia (si va da "Riff-Raff" al più recente "Il mio amico Eric"). "La parte degli angeli" appartiene a questo secondo gruppo, ed è da considerare tra le più felici collaborazioni tra l'ultimo dei cineasti marxisti ed il suo sceneggiatore abituale, Paul Laverty.

Favola di sinistra, infatti, si potrebbe definire l'operina. Se la scaturigine - ha dichiarato lo stesso Loach - è il preoccupante tasso di disoccupazione dei giovani in Inghilterra (nel 2011, oltre un milione), la vicenda incornicia la crudezza del dato reale in un amabile balletto che pare Capra corretto da Brecht; vivificato, inoltre, da un cast semplicemente strepitoso. Cantore degli ultimi, tuttavia descritti senza infingimenti, il regista di "Piovono pietre" si muove con l'abituale maestria
tra diversi registri, lentamente lasciando prevalere quello lieto. E se le peripezie di codesti simpatici antieroi fan pensare a quelle de "I soliti ignoti" nostrani quanto a pressappochismo e stoltezza, deve esserci pure per loro un Dio che, infine, preserva quanto basta perché i sogni non vadano sprecati.
Un Dio moderatamente etilista, magari; che, assieme agli angeli, consuma quel 2% di whisky che
ogni anno esala l'anima per evaporazione. E la dà vinta, per eccezione, a quelli votati alla sconfitta.
                                                                                                                                    Francesco Troiano

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