giovedì 24 gennaio 2013

Quartet

L'esistenza a Beecham House, residenza per cantanti lirici e musicisti in pensione, scorrerebbe quieta e serena, se in amministrazione non si dovesse combattere per far quadrare il bilancio: malgrado gli sforzi della dottoressa Cogan, il rischio di dover mollare si fa di giorno in giorno più concreto. Ad eccitar gli animi giunge, dipoi, la notizia che una nota diva del passato sta per aggiungersi al numero degli ospiti: si tratta di Jean Horton, un tempo sposa di Reggie Paget, col quale aveva - assieme a Wilfred Bond ed a Cecily Robson - dato vita ad un prestigioso quartetto canoro. Il pezzo forte del loro repertorio d'allora era il "Rigoletto": una riproposizione del cavallo di battaglia, in occasione del gala annuale, potrebbe rimpinguare le casse dell'istituto ed allontanare lo spettro della chiusura. Ma antiche ferite mai sanate, gelosie professionali, ripicche, invidie, scatti d'ira minano l'anelata rentrée: riusciranno i componenti ad anteporre l'interesse comune ai propri privati dissidi e alle diversità di carattere?

Di pellicole sulla vecchiaia ce ne sono parecchie, tante da rendere auspicabili ormai delle tesi di laurea sull'argomento (ci risulta, peraltro, che più di qualcheduno ci abbia già pensato). Da classici quali "Luci della ribalta" (1952) e "Il posto delle fragole" (1957) a chicche come "Harold e Maude" (1971) e "I ragazzi irresistibili" (1975), da gemme del cinema d'essai ("Providence", 1977; o il recentissimo "Amour") alle splendide variazioni eastwoodiane  ("Million Dollar Baby", 2004; "Gran Torino", 2008), "l'età della pace" - l'espressione, desunta da una lettera di Sigmund Freud, è pure il titolo di un bel film sul tema, diretto nel 1974 da Fabio Carpi - ha trovato sul grande schermo raffigurazioni interessanti e alle volte peculiari (un esempio: "Vivere alla grande", firmato nel 1979 da Martin Brest, dove tre pensionati del Queens decidono di rapinare una banca di Manhattan).

In verità, si muove nel solco dell'ortodossia Dustin Hoffman, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, a settantancinque anni. Sulla difficoltà ad invecchiare delle ex-star conosciamo tutto fin dall'epoca di "Viale del tramonto" (1950), laddove le piccole crudeltà del periodo senile stavano nascoste dentro le pieghe de "Le balene d'agosto" (1987). Ma il nostro non desidera stupire, né dir cose inedite: preferisce, invece, adattare in celluloide una commedia inglese, giocando su un registro delicato, ironico, elegante. Se il nume dell'amico Pacino, insomma, è Shakespeare, il suo è indiscutibilmente Cechov: tra sontuosi interni ed impeccabili vestiti, passeggiate nella quiete campestre e piccole baruffe, il tono perseguito sta sospeso tra allegrezza e scoramento, giusto il blend dello scrittore russo. Nei limiti d'uno svolgimento a tratti lievemente stucchevole, l'intendimento può dirsi riuscito: grazie, pure, a un cast perfetto, nel quale primeggia - come d'uso - l'incantevole Maggie Smith.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

QUARTET. REGIA: DUSTIN HOFFMAN. INTERPRETI: MAGGIE SMITH, TOM COURTENAY, PAULINE COLLINS, BILLY CONNOLLY, MICHAEL GAMBON. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 98 MINUTI.

Nessun commento:

Posta un commento