mercoledì 22 maggio 2013

Solo Dio perdona

Appartenente ad una potente famiglia criminale, Julian adopera un club di Thai Boxing in Thailandia a mo' di copertura per il traffico di stupefacenti. Quando suo fratello maggiore Billy violenta e uccide una ragazza di 16 anni, figlia del proprietario di un bordello, le autorità del luogo si rivolgono ad un poliziotto in pensione, Chang: egli agisce come una sorta di giustiziere, comminando mutilazioni e, talvolta, sentenze di morte. Dopo aver lasciato che il padre della ragazzina uccida Billy con ferocia, a quest'ultimo taglia un braccio, affinché ricordi di proteggere meglio le altre sue figliole. Frattanto, per recuperare il corpo del primogenito è giunta Crystal, madre pure di Julian, che è a capo di una grossa rete del crimine. Assetata di vendetta, ella pianifica che tutti coloro che risultano coinvolti nella fine di Billy debbano venire soppressi: omicidio dopo omicidio, si arriva infine al nome di Chang...

Chiunque avesse oggi intenzione di scrivere uno studio sulle poetiche della violenza, non potrebbe far a meno di dedicar un corposo capitolo a Nicolas Winding Refn. Fin dal suo lungometraggio d'esordio, "Pusher" (1996), il nostro ha messo in campo uno stile morbido ed elegante - con un occhio a Lynch e l'altro a Scorsese - dove la descrizione di azioni feroci e sanguinose ha costituito la punteggiatura. Il prosieguo del suo percorso registico, dall'intricato "Fear X" (2003) al premiatissimo "Drive" (2011), ha visto il cineasta danese approfondire il proprio discorso: i due successivi capitoli di "Pusher" (2004 e 2005) gli hanno, dipoi, valso l'attenzione della critica internazionale, che non ha mancato di tributar lodi ulteriori al carcerario "Bronson" (2008) ed al seguente "Valhalla Rising" (2009; dopo di esso s'è coniato l'aggettivo "Refnesk", a definire un ormai inconfondibile marchio di fabbrica).

Scritto da Refn medesimo, "Solo Dio perdona" vede al centro un personaggio laconico e tormentato, Julian, i cui destini s'incrociano con quelli di Chang, condannatosi ad un atteggiamento stoico che nasce da una difficoltà a vivere nel reale. In una Bangkok illuminata dalla luce fredda dei neon, su sfondi rossastri ed allarmanti, dette figure si muovono con una lentezza di chiara matrice onirica, quasi uscissero dalla saga lynchiana di "Twin Peaks". Se il male, come ci ha insegnato Hannah Arendt, è banale, per Refn è pure versipelle ed ibrido, tra chi lo pratica con la presunzione di un Dio minore e chi ne patisce la repulsiva fascinazione (in questo senso, Chang e Crystal risultano perfettamente complementari). La violenza, pur senza ricorrere ad ellissi, è iperbolica e raggelata: il senso di straniamento viene aumentato da stacchi imprevisti (i momenti in cui Chang canta dei brani di musica leggera), che spiazzano lo spettatore e ne disequilibrano le aspettative.

Strepitoso come d'uso nei film di Refn, Ryan Gosling resterà nella memoria col suo volto tumefatto e l'ira a malapena rattenuta; Kristin Scott Thomas, in un ruolo di bad mama per lei davvero inconsueto, conferma il proprio grande talento d'interprete. Ci sarebbe da dire del finale, che con ogni probabilità lascerà di stucco platee avvezze a scioglimenti telefonati (e sensibili alle esigenze del noleggio): qui si dà risposta ad una domanda non fatta al punto che tutta la pellicola, a ritroso, può venire letta alla stregua d'un viaggio dentro una consapevolezza cui è arduo approdare.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

SOLO DIO PERDONA. REGIA: NICOLAS WINDING REFN. INTERPRETI: RYAN GOSLING, KRISTIN SCOTT THOMAS, VITHAYA PANSRINGARM, TOM BURKE. DISTRIBUZIONE: 01. DURATA: 90 MINUTI.

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