lunedì 10 giugno 2013

Stoker

La vita tranquilla e solitaria di India Stoker (Mia Wasikowska: superlativa) viene sconvolta quando, nel giorno del suo diciottesimo compleanno, perde il padre Richard (Dermot Mulroney), a seguito di un incidente. India è una ragazza dalla spiccata sensibilità che, dietro al comportamento impassibile, maschera i sentimenti e le sensazioni intime, conosciute e comprese soltanto dal genitore scomparso. Al funerale di Richard, ella incontra lo zio paterno Charlie (Matthew Goode), che dopo una lunga assenza torna proprio con l’intenzione di restare accanto a lei e a sua madre Evie, donna fragile e instabile (Nicole Kidman). India inizialmente non si fida del parente; tuttavia ne subisce il fascino misterioso, soprattutto quando si rende conto d'avere parecchio in comune con lui. E mentre Charlie inizia gradualmente a rivelarsi, lei ne è vieppiù infatuata, e capisce che il suo arrivo nella casa non è affatto casuale. Lo zio è lì per lei, ed intende guidarla a comprendere lo strano destino che l'attende...

"Quale mio primo film in inglese, non volevo che esso si reggesse sui dialoghi. Piuttosto, desideravo esplorare un soggetto universale, come le dinamiche famigliari". E' così che Park Chan-wook ha scelto di giustificare ai propri fan la sordina messa a sesso e violenza in "Stoker": il cineasta coreano, noto soprattutto per lo splendido "Old Boy" (2003), li aveva abituati a ben altro. Tuttavia inquieta, non poco disturba questa favola crudele che si muove tra Lewis Carroll ed Alfred Hitchcock, dentro ad un contesto che oscilla tra grazia e ferocia per poi chetarsi - si fa per dire - in un impossibile ossimoro. "E' un copione in cui c'è molto spazio per il regista, se ne potevano trarre film molto diversi tra loro", ha spiegato il nostro. E' vero: lo spiazzamento - che lo spettatore prova in modo pressoché ininterrotto nel corso della visione - nasce proprio da questa incertezza, dall'impossibilità di prevenire gli sviluppi della storia, addirittura d'individuarne la scaturigine.

Dicevamo della mescolanza tra fairy tale e suspense movie: sorprende, Park Can-wook, per l'abilità con cui si muove fra i due registri. Immaginate una versione survoltata e parossistica de "L'ombra del dubbio" (1943), nella quale i fantasmi e le ossessioni - che Hitchcock , a eccezione del tardo "Frenzy" (1972), aveva sempre raccontato facendo ricorso alla metafora, alla litote od all'ironia  - siano invece resi espliciti; o ad una rilettura apocrifa e delirante del mito di Edipo - già alla base, d'altro canto, del citato "Old Boy". Le immagini della campagna del New England, il tempo che scorre lento dentro ad una tenuta, i personaggi divisi tra aggressività passiva e sinuosa fascinazione si frammischiano dando vita ad una vicenda insinuante e malvagia, distonica e morbosa. Il bildungroman messo in scena è tra i  più atipici mai apparsi sullo schermo, piegato com'è alle regole d'uno psychothriller malato e roso. C'è sangue, c'è morte, c'è attrazione erotica in "Stoker" (concepito da Chan Wook, tanto per cambiare, alla stregua d'omaggio al capolavoro hitchcockiano, "Vertigo"): al pari che in un libro di Cornell Woolrich, certo, magari "Waltz into Darkness" (1949). Ma, pure, come in quella superba novella di Frank Wedekind, "Mine-Haha" (1903): e provateci voi, a creare un connubio tra fonti d'ispirazione tanto distanti. A patto, ovviamente, di non chiamarvi Park Chan-wook.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

STOKER. REGIA: PARK CHAN-WOOK. INTERPRETI: MIA WASIKOWSKA, NICOLE KIDMAN, MATTHEW GOODE. DISTRIBUZIONE: FOX. DURATA: 99 MINUTI.




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