martedì 11 marzo 2014

Lei

In un futuro assai prossimo, l'introverso e sensibile Theodore Twombly si guadagna da vivere come  estensore di lettere d'amore per individui dal cuore arido. Abbandonato dalla moglie, alla quale era legato sin dagli anni della prima giovinezza, egli è avvinto da una depressione lieve ma penetrante, che lo consegna ad una solitudine apparentemente senza riparo. E' in codeste ambasce ch'egli pensa di alleviare la propria pena tramite un sistema operativo: una voce seduttrice priva di corpo, dal nome Samantha, che con la sua intelligenza artificiale però profondamente umana gli fornisce quel nutriente supporto di cui tanto abbisogna. E' così che il nostro, auricolare e smartphone nel taschino, non è più solo in alcun luogo; anzi, è in compagnia della presenza ideale. La dolcezza, le premure divengono la misura di vita di Theodore; ma, un bel giorno, egli scopre che la fantasmatica presenza da lui ritenuta propria esclusiva, si collega con 8316 persone e si è innamorata di ben 641 di esse...

Nativo del Maryland, classe 1969, Spike Lee è tra le figure più eclettiche nella scena dello spettacolo contemporaneo: autore di video musicali, attore in parti minori ("The Game", 1997, di David Fincher) e poi coprotagonista (in "Three Kings", 1999, di David O.Russel), esordisce nella regia con il singolare "Essere John Malkovich" (1999), opera prima tra le più apprezzate del decennio, riflessione su identità e ruolo del divismo percorsa da lampi di genio. In seguito, "Il ladro di orchidee" (2002) e "Nel paese delle creature selvagge" (2009) lascian perplessi, inficiati come sono da un compiaciuto intellettualismo e dall'effetto noto come mise en abyme. Molte speranze si appuntavano, quindi, su questo suo quarto lungometraggio: presentato all'ultima edizione del Festival di Roma, esso ha ottenuto unanime plauso critico ed un premio, quello a Scarlett Johannson, migliore interprete femminile grazie alla sua voce.

Intendiamoci, non è che il tema della relazione virtuale tra uomo e donna computerizzata sia nuovo: basti pensare alla teen comedy di John Hughes "La donna esplosiva" (1985) od al bizzarro "S1m0ne" (2002) di Andrew Niccol o, ancora, alla Zoe Kazan "immaginaria" vista nel bellissimo "Ruby Sparks" (2012) di Jonathan Dayton e Valerie Faris. In passato, quando ancora la tecnologia non ci attorniava, al posto dell'OS l'uomo fragile in cerca d'oggetto più docile d'una donna vera, aveva scelto di tutto, da una bambola gonfiabile ("Life Size", 1974, di Luis Garcia Berlanga) ad un piccolo portachiavi capace di rispondere al fischio ("I Love You", 1986, di Marco Ferreri). Cos'è, allora, a fare di "Lei" un gioiello, un film che nel tempo resterà? Diciamo innanzitutto d'una coppia d'interpreti, Joaquin Phoenix e la già citata Johansson, che fornisce una prestazione superba (nella versione doppiata, pleonastica a nostro avviso, Micaela Ramazzotti dà comunque il meglio); poi l'ambientazione, una Los Angeles futuribile fusa al computer con Shanghai, priva di traffico e innervata di grattacieli di vetro immersi in una luce rosata. Ma il vero atout è il blend agrodolce del racconto, che unisce preoccupazioni umanistiche a un senso di melanconia che pare illustrar quella riflessione di Pessoa, "ho nostalgia di tutto, anche delle cose che non ho vissuto". S'esce dalla visione con un filo di groppo alla gola, tuttavia leggeri: quasi la speranza, alla fine, riuscisse a prender il volo, deprivata di più o meno avanzate zavorre emotive.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

LEI. REGIA: SPIKE JONZE. INTERPRETI: JOAQUIN PHOENIX, AMY ADAMS, ROONEY MARA, OLIVIA WILDE. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 126 MINUTI.

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