lunedì 6 ottobre 2014

Il regno d'inverno

In un villaggio sperduto nel cuore dell'Anatolia, ove arrivano turisti affascinati dalla struttura di antiche abitazioni incastonate nella roccia, Aydin è proprietario di un piccolo ma confortevole albergo, l'Othello. Attore ritiratosi dalle scene, egli collabora con un giornale locale e ha in mente di scrivere un libro sulla storia del teatro turco. L'uomo è, pure, il padrone di diverse case i cui inquilini non sempre si trovano nelle condizioni di pagare l'affitto e vengono, di conseguenza, puniti con il sequestro del televisore e del frigorifero. Aydin vive assieme alla giovane moglie Nihal, con la quale ha un rapporto problematico e distante, e alla sorella Necia, che ancora porta i segni di un recente divorzio...

Nuri Bilge Ceylan, cineasta da festival se mai ve ne furono, in quindici anni ha firmato una manciata di film dal valore diseguale: forse i vertici dell'arte sua risiedono in "Uzak" (2002, Gran premio della giuria a Cannes e Palma d'oro ai due interpreti protagonisti), uno studio di caratteri per il quale si fecero i nomi di Antonioni e Samuel Beckett, e "C'era una volta in Anatolia" (2011, di nuovo Gran Prix al Festival di Cannes), intenso ritratto di una Turchia drammaticamente sospesa tra un passato che l'avvince con lacci e lacciuoli ed una modernizzazione ancora lontana. Caratteristica del regista è la riflessione sul concetto di distanza (tra sé ed il mondo, tra uomo e uomo, tra natura e cultura), un approccio affettuoso ed a volte ironico nei confronti dei propri personaggi, un rigore formale che si traduce in lunghe sequenze quasi prive di dialoghi.

"Il regno d'inverno" riassume e sublima i temi appena citati, ispirandosi ad alcuni racconti del prediletto Cechov (ma non mancano i rimandi a Shakespeare, dal nome dell'hotel al manifesto di un "Antonio e Cleopatra" sino ad una diretta citazione), però rinunciando sorprendentemente ad atmosfere e tempi rarefatti. Se la sfida alla durata - oltre tre ore - al nostro non è certo sconosciuta, si deve aggiungere che quest'ultima fatica va ad infoltire il numero dei pochi capi d'opera basati sulla parola, da "Gertrud" (1964) di Dreyer a "La mia notte con Maud" (1969) di Rohmer. Altra componente primaria è quella del paesaggio, splendido e suggestivo, che riflette i vari stati d'animo e, in qualche modo, li incornicia. Il sentimento di fondo è, invece, un'impressione di resa a fronte della fragilità dei rapporti umani, pur senza mai rinunciare a cercarne un motivo ed una conciliazione. Quanto al mood, sta in una lieve malinconia di fronte al malessere che tutti pervade: Nihal e il suo legittimo desiderio di un'indipendenza quanto meno emotiva; i rancori che affiorano, insopprimibili, in Necia; la stupefazione di Aydin che, da possidente, si crede dominus pure della moglie. Tutto ciò è narrato con maestria tale da coinvolgere lo spettatore nella vicenda; certo, è richiesta pazienza, concentrazione, capacità di analisi. Ma, alla fine, si è ripagati dalla certezza di aver assistito ad un'opera di grande valore, giusto come quelle dei narratori russi dell'Ottocento che tanto piacciono a Ceylan.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

IL REGNO D'INVERNO. REGIA: NURI BILGE CEYLAN. INTERPRETI: HALUK BILGINER, MELISA SOZEN, DEMET AKBAG, AYBERK PEKCAN. DISTRIBUZIONE: PARTHENOS. DURATA: 196 MINUTI.

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