mercoledì 18 marzo 2015

Latin lover

A due lustri dalla scomparsa del carismatico attore Saverio Crispo, grande all'epoca in cui lo era pure il cinema italiano, sta per tenersi una cerimonia nel suo paesino natale, San Vito dei Normanni; lo si vuole celebrare alla presenza dei suoi cari. E' per questo che, nel sontuoso palazzo baronale dove egli è nato, si riuniscono le sue due ex-mogli, le cinque figlie avute da madri differenti, la giovane cameriera che -chissà perché - si chiama Saveria. Del resto, tutte e cinque le figliole portano nomi che cominciano con la lettera S: Stephanie, che arriva dalla Francia e pare aver ereditato dal padre la volubilità; la passionale Segunda con la madre Ramona, seconda consorte del nostro; Solveig dalla Svezia, giovane e splendida;  Susanna, che vive già lì con la madre Rita, prima signora Crispo (Shelley, statunitense, riconosciuta con la prova del Dna, arriverà con un giorno di ritardo). Il formarsi di questo atipico gineceo, riunito intorno alla memoria di un uomo tanto amato quanto vanesio e fedifrago, porterà le protagoniste a rivelarsi l'una all'altra, fra una chiacchiera ed un pettegolezzo, non senza sprazzi di cattiveria e l'affiorare di segreti che avrebbero dovuto restare tali; ma, forse, è arrivato per ciascuna il momento di liberarsi dall'ingombro di un fantasma troppo a lungo venerato...

All'undicesimo lungometraggio, Cristina Comencini - pure autrice di soggetto e sceneggiatura, insieme a Giulia Calenda - ritorna al genere che più gli si addice, la commedia venata di malinconia, ottenendo uno tra gli esiti suoi più soddisfacenti. Come in "Matrimoni" (1998) o "Il più bel giorno della mia vita" (2002), l'idea è quella d'un cinema medio raro in questi tempi sguaiati, attento alle caratterizzazioni di ogni personaggio, abile nell'alternare a toni ironici e leggeri sottolineature coinvolgenti e sentimentali.
Se c'è una scena madre (qui quella della Paredes, inarrivabile nel porgerla senza enfasi alcuna), non per questo il tessuto narrativo s'ispessisce o la vicenda vira verso il melodramma; viceversa, come nella vita vera, tutto sembra miracolosamente tenersi, ed il sorriso riprendere il sopravvento.

Ad ottenere tali risultati, contribuisce un cast pressoché perfetto, fin nei ruoli di composizione. Se agli uomini - Lluis Homar, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Toni Bertorelli, Jordi Molla - sono riservati ruoli ingrati (che, peraltro, rivestono impeccabilmente), la sfilata muliebre è trascinante: la nevrosi di Valeria Bruni Tedeschi, la vitalità di Candela Pena, la scioltezza yankee di Nadeah Miranda, la beltà di Pihla Viitala, gli imbarazzi di Angela Finocchiaro, fanno da degno contorno alle prove mirabolanti di Virna Lisi (qui al suo commiato) e Marisa Paredes, al cui magistero s'è già accennato. In un film del genere, ovviamente, è il tono a far la canzone, e la Comencini lo azzecca - malgrado qualche lentezza teatrale - ammiccando all'Almodovar di "Tutto su mia madre" (1999) e "Volver" (2006), senz'ombra alcuna di scimmiottatura. Il momento più bello? Quello della proiezione celebrativa, dove Francesco Scianna - è lui il latin lover del titolo, adeguato sia per physique du role sia per autoironia - è in spezzoni di film, in bianco e nero e a colori, ispirati a quelli di Mastroianni, Gassman, Tognazzi, del Volonté dei western, e suscita lacrime copiose fra tutte le sue donne, sedute in prima fila. Il finale si apre, inaspettatamente, a toni da musical; che, incredibile a dirsi, neanche un poco stonano.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

LATIN LOVER. REGIA: CRISTINA COMENCINI. INTERPRETI: VIRNA LISI, MARISA PAREDES, ANGELA FINOCCHIARO, VALERIA BRUNI TEDESCHI, CANDELA PENA, NADEAH MIRANDA, PIHLA VIITALA, LLUIS HOMAR, JORDI MOLLA. DISTRIBUZIONE: 01. DURATA: 104 MINUTI.

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