mercoledì 23 settembre 2015

Everest

Traendo ispirazione dal libro "Aria sottile" di Jon Krakauer (Corbaccio), Baltasar Kormakur ed i suoi sceneggiatori raccontano la disastrosa spedizione sull'Everest - realmente accaduta - che costò la vita ad alcuni scalatori. Sita al confine tra Cina e Nepal, la vetta è la meta di un gruppo eterogeneo che ha scelto di affidarsi a Rob Hall ed alla sua società, l'Adventure Consultants, per tentare l'impresa. Rob è sposato con Jan, la quale attende una bimba che egli sogna di abbracciare terminata la discesa. Ma le cose, ben presto, si fanno complicate, sia perché il campo base pullula di dilettanti, sia perché è reso sovraffollato da altre spedizioni commerciali gestite da Scott Fischer, alpinista col gravame dell'alcool. Rob e Scott trovano tuttavia opportuno e proficuo collaborare, così che il 10 maggio 1996 partono alla volta della vetta, alta 8.848 metri. La preparazione insufficiente dei clienti, accoppiata ad una gestione organizzativa all'insegna dell'approssimazione, ritarda l'ascesa dei due gruppi. Tuttavia, alcuni di loro toccheranno con mano la vetta a fianco di Rob, generoso sino alla caparbietà coi suoi clienti. Poi, una tempesta improvvisa si solleva, con conseguenze esiziali per i destini delle persone coinvolte. 

Recuperando un genere cinematografico popolare negli anni Venti e Trenta in Germania, Kormakur sottolinea come la globalizzazione del viaggio snaturi la natura ed i popoli che incontra. Se la pratica dell'alpinismo per molti aspetti si inscrive in una logica di purificazione, di dominazione del mondo che procura l'ascesi, il cineasta islandese rimpiange quell'intendimento e polemizza con quell'ascensione di massa che la logica della globalizzazione e le regole feroci del capitalismo hanno fatto sorgere. Una impresa che dovrebbe richiedere un alto livello di specializzazione, di conoscenza, coinvolge individui giunti lì per i più vari motivi: per sfidare se stessi secondo canoni criptopubblicitari, per reagire ad un momento di depressione, per provare un brivido inconsueto. L'importante è che, prima, passino alla casa per pagare i 65.000 dollari di un biglietto, che può rivelarsi un autentico passaporto per l'inferno. 

La 'democratizzazione' della montagna, contaminata da velleitarie ambizioni e da lattine sfondate, ha abbassato il livello del tutto, trasformando in passeggiata dopolavoristica una sfida che può diventare dramma ad ogni pie' sospinto. Ecco, sono queste le cose che fanno di "Everest" qualcosa di più d'una macchina da intrattenimento, di un kolossal al limite del catastrofico: c'è, in sottofondo e sin dall'inizio, il senso d'una tragedia incombente, quasi la tracotanza degli uomini dovesse per forza di cose scatenare la furia degli dei dell'altitudine. Le riprese, che tolgono il fiato, sono state realizzate in alcune zone del Nepal, ma pure in Italia - in Val Senales - e negli studi inglesi della Pinewood. Le star coinvolte hanno dovuto sottoporsi ad allenamenti devastanti e funzionano assai bene: segnatamente, Jason Clarke e Jake Gyllenhaal forniscono prove - è il caso di dirlo - all'altezza della situazione. 
                                                                                                                                     Francesco Troiano

EVEREST. REGIA: BALTASAR KORMAKUR. INTERPRETI: JASON CLARKE, JOSH BROLIN, JAKE GYLLENHAAL, KEIRA KNIGHTLEY, ROBIN WRIGHT. DISTRIBUZIONE: UNIVERSAL. DURATA: 121 MINUTI.

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