lunedì 28 marzo 2016

Love and Mercy

"Per gli altri, io ero una macchina sputacanzoni. Infilavano la monetina, tiravano la leva e intascavano cinque dollari. Ma io non ho mai pensato al denaro quando ho scritto una canzone, mai, nemmeno una volta". E' leggenda risaputa di come Brian Wilson, novello Prometeo, rubò il fuoco della musica rock e per questo venne punito dagli dei. Il suo "Pet Sounds", disco della svolta Beach Boys nel 1966, aveva fatto impallidire ogni altro esempio di musica giovane, a principiare dagli album degli stessi intoccabili Beatles. Questi ultimi si attrezzavano per la rivincita, iniziando a progettare quello che sarebbe stato il mitico "Sgt.Pepper"; Wilson, invece, pubblicava "Good Vibrations", confermando d'avere una marcia in più. Impressionato dall'ultima uscita dei grandi rivali, il nostro mette in cantiere una nuova fatica che aveva già un nome, "Smile", promettendo di risultare ancora più audace, "un salto nel futuro, un balzo più avanti di quello che è stato dai primi album a 'Pet Sounds'". Parole suggestive destinate, tuttavia, a rimanere sulla carta; Brian Wilson si smarrì lungo il percorso, in cerca di qualche cosa che non riusciva a metter a fuoco e di conseguenza a creare. Era una lotta titanica, condotta al limite della sanità mentale, con il sovrammercato di alcolici e stupefacenti. Sinché il 6 maggio 1967 Derek Taylor, addetto stampa dei Beatles e giornalista autorevole, annunciò la triste notizia: "Il nuovo favoloso album dei Beach Boys è morto ancor prima di venire al mondo". 

Ecco, "Love and Mercy" prende le mosse proprio da qui: un invecchiato Wilson entra in un autosalone per acquistare una Cadillac. Sfinito dalla battaglia contro le droghe e l'alcolismo, vive sotto l'influenza del terapista Eugene Landy, che lo sommerge di psicofarmaci e gestisce la sua esistenza con la ferrea determinazione d'evitargli rapporti ravvicinati con persone non facenti parte della propria cerchia. Per lui, il famoso cliente è una fonte meravigliosa ed inesauribile di danari, ma proprio dall'incontro con la venditrice di macchine Melinda Ledbetter - una donna intelligente e dolce, con un passato da modella e un presente di mediocrità - nasce la volontà di riscatto dell'uomo, del quale ella da subito s'innamora. Ingaggiata una battaglia lunga e senza esclusione di colpi, che si trasferisce anche sul piano legale, le riesce alfine di strappare Brian al nefasto influsso guruistico di Landy, per trasformarlo in un individuo diverso. A tal punto che egli riprende la propria attività artistica con successo (e sui titoli di coda è Brian in persona ad apparire, in una commovente interpretazione del brano che dà il titolo al film e apriva il suo album da solista del 1988).

Il regista Bill Polhad se la cava assai bene con il genere biopic e licenzia una pellicola di alto livello (e pensare che qui da noi stava per uscire direttamente in home video!). Interpretato da Paul Dano per il periodo degli anni Sessanta e da John Cusack negli anni Ottanta, il protagonista è reso dai due attori con sorprendente aderenza e capacità di riprodurne le sfumature psicologiche: il Brian 22enne già stanco della musica surf e consapevole della fragilità dei propri nervi, della propria mente, ha una credibilità tale da commuovere lo spettatore; e non è da meno lo spaurito ultraquarantenne, infelice nella propria gabbia e tuttavia incapace d'uscirne, che ci coinvolge senza colpo ferire nel suo atroce dilemma. Inframmezzato dai pezzi originali dell'epoca, popolato da caratteristi di gran taglia (di sublime cattiveria il Landy disegnato da Paul Giamatti), "Love and Mercy" è un gioiellino e un esempio di come si possa fare un film sui divi del rock lavorando di bulino e di cesello.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

LOVE AND MERCY. REGIA: BILL POLHAD. INTERPRETI: PAUL DANO, JOHN CUSACK, ELIZABETH BANKS, PAUL GIAMATTI. DISTRIBUZIONE: ADLER. DURATA: 120 MINUTI


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