giovedì 11 agosto 2016

Il diritto di uccidere

Dal suo bunker, Il colonnello britannico Katherine Powell, esperta di antiterrorismo, guida a distanza una squadra di militari nella cattura, in territorio kenyano, di una cittadina inglese che insegue da sei anni e  sta organizzando un attentato suicida pel fondamentalismo islamico di Al Shaabab. Aiutata da un drone  - pilotato in Nevada dal giovane ufficiale Steve Watts (un ottimo Aaron Paul) - e da minuscole telecamere a forma d'insetto, ella decide di mutare l'obiettivo dell'operazione da "catturare" ad "uccidere". Sorge, a questo punto, il dilemma degli effetti collaterali: vi sono civili che potrebbero perire nell'attacco, e c'è - in particolare - un'innocente bimba che vende pagnotte proprio all'angolo della casa bersaglio. Comincia, così, un gioco di scaricabarile, dato che nessuno, nei piani alti, vuole assumersi la responsabilità di un attacco letale e delle sue drammatiche conseguenze...



Di forte impianto teatrale, "Il diritto di uccidere" avrebbe potuto essere un film-inchiesta per la tv, tanto è con evidenza incentrato su un tema destinato a dividere a secondo dei differenti punti di vista. I tre classici poteri dello stato - il militare, il giuridico e il politico - vengono, dato che si trovano a dover necessariamente prendere una decisione dolorosa, valutando quale sia il male minore. Qualcuno incolpevole, in qualunque caso, pagherà un prezzo ingiusto e crudele. Gavin Hood dirige con coraggio e senza nulla celare, mostra salme tra le macerie senza morbosità, ma pure con l'ambizione verista di chi vuole fedelmente dar conto di una vicenda esemplare. Sulla guerra che ci si trova a vivere e sulla guerra che, principalmente, ci si troverà a vivere in futuro.


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Come in una pellicola degli anni '70, al cineasta sudafricano quel che preme è il dilemma morale. È cinema d'antan il suo, pur tra la moltiplicazione di schermi e dispositivi o marchingegni quali il drone; il nucleo ha un cuore antico, e la vicenda non perde d'interesse specialmente per merito di due attori eccezionali. Helen Mirren impersona impeccabilmente il colonnello Powell, conscia dell'inumanità di alcune scelte ma pronta a molto pur di ottenere il proprio scopo. Alan Rickman, invece, alla sua ultima prova, gioca sulle mezze tinte per dar al generale Benson sfumature d'ironia british. Insomma, siamo dalle parti di classici quali "La parola ai giurati" di Sidney Lumet o, ancor meglio, di "Orizzonti di gloria" di Stanley Kubrick: il dibattito si configura non solo quale scontro di posizioni, ma ancora di più come disegno di caratteri, tutti resi a meraviglia da un cast sopraffino. Ed è meritorio che la scelta finale tiri in ballo lo spettatore, lo costringa a partecipare, se non proprio a schierarsi. Forse lo scioglimento poteva essere meno esplicito, didattico, però in fin dei conti l'emozione che irrompe forte non altera l'equilibrio di una vicenda narrata e recitata in maniera esemplare.

                                                                                                                                     Francesco Troiano

IL DIRITTO DI UCCIDERE. REGIA: GAVIN HOOD. INTERPRETI: HELEN MIRREN, AARON PAUL, ALAN RICKMAN. DISTRIBUZIONE: TEODORA. DURATA: 102 MINUTI.
  

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