mercoledì 9 novembre 2016

Fai bei sogni

Dopo un'infanzia solitaria e un'adolescenza difficile, Massimo è divenuto un giornalista di successo ma, ancora, incapace di elaborare, di convivere con un ricordo lacerante: la perdita della madre in tenera età. Dolce, giovane e bella, sovente però afflitta da repentina malinconia, da improvvise assenze, ella usciva di scena in modo inatteso, la mattina del 31 dicembre 1969. Un attacco cardiaco fulminante, la versione ufficiale per il bambino di 9 anni: figlio unico di colpo piombato in uno stato d'orfanità dolorosa, poco o nulla aiutato da un padre annichilito emotivamente e imprigionato nel proprio ruolo. Ciò porta Massimo ad idealizzare la genitrice, di lei facendo la figura più importante della propria vita, sino al punto da non riuscire a stabilire delle relazioni sentimentali solide una volta adulto. Il disagio interiore, per anni tenuto sotto controllo, si manifesta durante una trasferta professionale nella forma d'un attacco di panico: inizia così un viaggio a ritroso, ove egli si trova a confrontarsi coi fantasmi del passato e d'una verità che forse  ha voluto celare a se medesimo...

Molto spesso, Bellocchio ha tratto ispirazione, per le proprie pellicole, da fonti letterarie: Cechov per "Il gabbiano", Pirandello per "Enrico IV" e "La balia", Kleist per "Il principe di Homburg", i primi titoli a venire alla mente. Stavolta, la scaturigine è l'esordio nel romanzo di Massimo Gramellini (giornalista de "La Stampa"): best-seller da subito, "Fai bei sogni" è narrazione dichiaratamente autobiografica, scritta in un linguaggio piano e accessibile, con una struttura da thriller dell'anima (una parola, quest'ultima, di grande importanza per l'autore; priva, invece, di cittadinanza nel laico universo del cineasta piacentino). Poco di male, direte voi: il regista probabilmente più grande della storia del cinema, Stanley Kubrick, si è sempre confrontato con narratori di statura intellettuale inferiore alla sua (tranne che in un caso, quello del Nabokov di "Lolita"), con risultati ogni volta superlativi.

Il problema è che il punto di partenza può essere ignorato sino ad una certa soglia: laddove la materia è quella che è, persino le migliori intenzioni rischiano di essere punite. E' così che "Fai bei sogni" finisce per contenere due film in uno: il primo, quello che precede l'approdo all'età adulta del protagonista, è di chiara matrice bellocchiana, con la famiglia, il disagio psichico, l'approccio alla Chiesa, i salti nel vuoto, la morte; il secondo, che si muove tra gli amori e le vicende professionali di Massimo, è prevedibile e, a tratti, goffo (si veda la scena del ballo, o quella della trasferta a Sarajevo). Qui - malgrado l'appassionata mediazione di un sempre più bravo Valerio Mastandrea - la trama perde colpi, si fa confusa e scentrata. Resta positivo, comunque, il bilancio finale: anche per merito di straordinarie caratterizzazioni (superbo Roberto Herlitzka nei panni di un ambiguo religioso, e folgorante l'apparizione di Piera Degli Esposti) e di una maestria nell'uso della macchina da presa che ha pochi uguali. Da "I pugni in tasca", sino a oggi.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

FAI BEI SOGNI. REGIA: MARCO BELLOCCHIO. INTERPRETI: VALERIO MASTANDREA, BERENICE BEJO. DISTRIBUZIONE: 01. DURATA: 113 MINUTI.    

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