martedì 20 dicembre 2016

Paterson


Paterson è un guidatore di autobus che vive con la moglie Laura e il cane Marvin, in una cittadina del New Jersey che porta il suo stesso nome. Ogni sera, dopo aver percorso le strade del posto per il suo lavoro, torna a casa, porta a spasso il cane e beve una birra nel pub del quartiere. La consorte ha una passione per il decoro ed insegue l'ambizione di diventare una cantante. Paterson, di contro, trascorre la pausa pranzo scrivendo poesie su di un taccuino segreto, che mai abbandona. Nei suoi versi v'è traccia evidente della  passione per William Carlos Williams, poeta nativo del luogo, suggestioni provenienti da Allen Ginsberg e Frank O'Hara, assieme ad esperienze ricavate dall'orizzonte quotidiano. Ed è il proprio dono - la capacità della scrittura -  a sottrarlo ad una routine di luoghi ed azioni sempre uguali e, potenzialmente, alienanti.

"Ho visitato Paterson per la prima volta venticinque anni fa: un piccolo posto dimenticato e, tuttavia, interessante, prima città industriale statunitense, oramai impoverita dalla corruzione dei governanti e dal degrado. Da allora ci sono tornato spesso e vent'anni fa avevo già scritto un piccolo trattamento su un guidatore di bus. Ma probabilmente i cittadini di Paterson neanche vedranno il film". Così parlò Jim Jarmusch, da tre decenni e oltre tra i cineasti più peculiari ed inventivi del cinema indie americano, abile a connotare i propri lavori in modo unico, pur per il tramite di un linguaggio in ininterrotta evoluzione. Nella fattispecie, qui l'idea è quella di un'opera che parli di poesia e, al tempo medesimo, di essa faccia la propria sostanza: impresa difficile, nella quale ben pochi prima di lui si sono cimentati.

Presentato con successo all'ultima edizione del film di Cannes, "Paterson" è una sorta di itinerario nei meccanismi medesimi della scrittura poetica, ed un'indagine nei rapporti che esistono fra la parola e l'immagine. L'iniziale richiamo ai fiammiferi ci porta subito in tema, complice il richiamo al Prévert della più nota lirica: la voce over che ripete i versi - un espediente che poteva risultare stucchevole - si fa via via indispensabile elemento per mettere in rilievo la figura dell'anafora (presente, pure, nel ripetersi di situazioni e comportamenti), che presiede alla narrazione. Come Dante, non casualmente evocato, il protagonista descrive quanto lo circonda, ascolta conversazioni riguardanti degli argomenti atipici (su Gaetano Bresci, ad esempio: "un omaggio dovuto - spiega Jarmusch - dato che a Paterson, alla fine dell'800, ci fu un importante sciopero che bloccò la produzione tessile e fu proprio l'italiano a ispirare quella rivolta"), annota e trasfigura con puntualità e metodo. La poesia di una ragazzina incontrata per combinazione è bella quasi come quelle del Nostro (a proposito, i versi scritti in realtà son quelli di Ron Padgett): perché ad essere importante è lo sguardo, capace di dare un significato speciale alle cose più semplici.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

PATERSON. REGIA: JIM JARMUSCH. INTERPRETI: ADAM DRIVER, GOLSHIFTEH FARAHANI. DISTRIBUZIONE: CINEMA. DURATA: 117 MINUTI. 

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