lunedì 23 gennaio 2017

Split

Kevin, afflitto da dei disturbi psichici allarmanti, è seguito da una competente e agguerrita terapeuta che, tuttavia, non è riuscita a comprendere fino in fondo la pericolosità del soggetto in cura: ha individuato in lui ben 23 personalità che affiorano di volta in volta nella mente e nel corpo; ma non immagina che ve ne sia una ventiquattresima, quella tramite la quale le furie dell'Es s'estrinsecano prive di freni, con conseguenze non prevedibili. Casey, invece, è una fanciulla chiusa ed introversa, evitata perciò dalle sue compagne di scuola più popolari: insieme a due di loro, Claire e Marcia, viene rapita giusto da Kevin, che chiude tutte e tre in uno scantinato. In attesa di capire cosa sarà di loro, scopriranno i tanti individui che coabitano nella psiche del loro sequestratore: un bimbo di 9 anni, una donna ed altri ancora, assai più inquietanti...

Curioso percorso, quello del cineasta di origine indiana - è nato a Madras, nel 1970 - M. Night Shyamalan: balzato alla ribalta nel 1999 con "Il sesto senso", thriller dall'impianto soprannaturale apprezzato dalla critica e dal pubblico in tutto il mondo, ha poi faticato a ottenere riconoscimenti ed esiti di box-office paragonabili a quelli del suo film-rivelazione. Costruiti un poco tutti alla stessa maniera (un intrigo all'apparenza inspiegabile che, nello scioglimento, prevede un colpo di scena), i lavori del nostro hanno per lo più sofferto "di esibizione autoreferenziale e compiaciuta, priva d'un altrettanto efficace meccanismo di narrazione filmica" (P.Marocco). Fa eccezione, ad avviso di chi scrive, l'ottimo "The Village" (2004), arricchito da una sorpresa conclusiva "che trasforma una fiaba gotica in una melanconica utopia sulle paure contemporanee" (P.Mereghetti).

Costretto dall'industria, dopo una certa quantità di insuccessi, a confrontarsi con dei budget assai limitati, Shyamalan è apparso di nuovo in forma grazie a "The Visit" (2015): dove l'espediente del found footage viene rovesciato in un falso documentario montato dai ragazzini protagonisti che - novelli Hansel e Gretel - vivranno una spaventevole esperienza a partire da un clima di serene apparenze (una visita, appunto, ai nonni materni mai conosciuti prima). Dato il buon risultato, in "Split" ora si cimenta con un tema - il disturbo dissociativo dell'identità, patologia dall'indiscusso potenziale cinematografico: si va dallo "Psyco" di Hitchcock a "Vestito per uccidere" di De Palma, sino al meno noto "Identità" di James Mangold - che, proprio per l'esistenza di cotali precedenti, era già sulla carta azzardoso. Come se la cava? Nella prima parte, ci sembra, molto bene: in particolare, i cinque minuti iniziali son da antologia, una lucente dimostrazione di come la paura scaturisca dall'assenza. Ma l'epilogo obbliga a una repentina mutazione di registro e di percezione generale del film: vi è una virata verso il dato irrazionale tipica dell'autore, che, nella fattispecie, lascia perplessi. Come lavoro sui generi cinematografici, tuttavia, "Split" incuriosisce e a tratti intriga: il limite maggiore sta nella ritrosia del regista ad accettare le logiche del B-movie, mettendosi a volte in cerca di una smarrita autorialità (i lunghi dialoghi tra paziente e psichiatra, ad esempio). La virtuosistica prova di James McAvoy è l'atout d'una pellicola che - malgrado gli squilibri evidenziati - non dispiacerà agli amanti del brivido.
                                                                                   Francesco Troiano

APLIT. REGIA: M.NIGHT SHYAMALAN. INTERPRETI: JAMES McAVOY, ANYA TAYLOR-JOY, HALEY LU RICHARDSON, JESSICA SULA. DISTRIBUZIONE: UNIVERSAL. DURATA: 115 MINUTI.



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