mercoledì 8 febbraio 2017

150 milligrammi

Nell'ospedale universitario di Brest dove lavora, la pneumologa Iréne Frachon individua un collegamento diretto fra i decessi di alcuni suoi pazienti e l'assunzione del Mediator, in commercio da oltre un trentennio. Dopo aver sottoposto il proprio studio all' unità di ricerca interna della struttura, e verificato la fondatezza della propria tesi, decide di domandare all'Agenzia Francese del Farmaco di ritirarlo dal mercato. Ha inizio, così, una guerra fra il piccolo team bretone, il Ministero della Salute ed il colosso farmaceutico che lo commercializza... 

Ispirato a una vicenda realmente accaduta tra il 2009 e 2010, "La fille de Brest" - il titolo italiano è assai meno significativo - è una pellicola di quelle che una volta si facevano anche da noi (si pensi a "Bisturi la mafia bianca", diretto nel 1973 da Luigi Zampa) e, con ben altri mezzi, negli Usa (il superlativo "Insider", firmato nel 1999 da Michael Mann). Ora il tema della denuncia sembra avere assai meno presa; tanto più questa operina d'oltralpe si pone come un oggetto filmico interessante, volutamente fuori moda e pieno di generosa passione civile.

Tratto da un libro autobiografico delle medesima Frachon, il film di Emmanuelle Bercot - che, nella vita reale, voleva far giusto il medico - ricostruisce un caso che fece rumore nell'opinione pubblica francese. Il farmaco anoressizzante e antidiabetico, responsabile d'un enorme numero di decessi (tra i 500 ed i 2000, si stima) è, ovviamente, il pretesto per proporre nuovamente la sempre affascinante contrapposizione fra Davide e Golia: la lotta di chi combatte per il giusto, sia pur con mezzi limitatissimi, e l'arroganza smodata che contraddistingue i colossi del capitalismo. Più thriller che medical drama, "La fille de Brest" suscita indignazione nello spettatore ed empatia per le vittime: lo script, firmato dalla regista assieme a Séverine Bosschem, tiene la platea con il fiato sospeso e suscita delle salutari domande. Ma è il personaggio della Frachon - reso con bravura dall'attrice danese Sidse Babett Knudsen - ad essere il tramite perfetto per i fatti narrati: bizzarra, estrosa, esplosiva, la protagonista catalizza l'attenzione (sino al punto di soverchiare, a tratti, il lavoro d'investigazione paziente: un peccato veniale, comunque). In definitiva, un bell'esempio di cinema medio, che mai indulge al futile o al banale: merce ormai rara, di cui si avverte davvero la mancanza.
                                                                                                                               Francesco Troiano

150 MILLIGRAMMI. REGIA: EMMANUELLE BERCOT. INTERPRETI: SIDSE BABETT KNUDSEN, BENOIT MAGIMEL, CHARLOTTE LAEMEL. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 128 MINUTI.

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